Perù – Il movimento di massa prepara la marcia su Lima

Questa è una settimana cruciale per il movimento contro il golpe in Perù. Nonostante la repressione brutale e continua, i lavoratori, i contadini e gli studenti in lotta contro il presidente illegittimo Dina Boluarte hanno continuato a lottare. La confederazione sindacale del paese, la CGTP, ha convocato uno sciopero nazionale per il 19 gennaio e colonne di manifestanti stanno convergendo sulla capitale Lima.

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Di fronte a una rabbia e un’opposizione crescente, la risposta dello stato e delle istituzioni continua a essere di repressione e criminalizzazione del movimento. Questa settimana, 14 dirigenti sociali e sindacali sono stati arrestati. Tra di essi, c’è il Segretario Generale della CGTP della regione di San Martin, nel nord. Il reparto anti-terrorismo della polizia peruviana ha arrestato anche il presidente e sette dirigenti del Fronte di Difesa dei Popoli di Ayacucho, un’organizzazione sociale di massa che sta guidando il movimento in questo dipartimento andino.

La polizia ha anche attaccato i partecipanti a una riunione dell’Assemblea Nazionale dei Popoli volta a coordinare le attività in vista dello sciopero generale del 19 gennaio. La polizia ha circondato l’edificio del Sindacato dei Telefonisti a Lima, dove si stava tenendo la riunione, e con un atteggiamento provocatorio ha cominciato a chiedere i documenti a tutti i partecipanti.

Campagna di criminalizzazione

Parte della campagna di criminalizzazione del movimento dei lavoratori e dei contadini è costituita dalla calunnia persistente secondo cui coloro che vi partecipano sarebbero dei terroristi. È particolarmente vero per l’arresto dei dirigenti del Fronte di Difesa dei Popoli di Ayacucho, che sono stati accusati di essere senderistas (membri dell’organizzazione guerrigliera Sendero Luminoso), nonostante il fatto che quest’ultima è praticamente scomparsa. In barba ai fatti, la natura “terrorista” degli arrestati è stata sbandierata in tutte le prime pagine dei quotidiani e diffusa ampiamente dalle stazioni televisive.

Un’accusa ancora più assurda rivolta contro il movimento è quella che “armi e munizioni” sarebbero state fatte entrare dalla Bolivia e che questo spiegherebbe come mai così tante persone siano state uccise a Juliaca, in provincia di Puno, il 9 di gennaio. I fatti, tuttavia, hanno la testa dura. Non è stata presentata alcuna prova che i manifestanti avessero armi, ancor meno “pallottole dum dum”. Il rapporto forense ufficiale sulle persone uccise è chiaro: nove di esse avevano frammenti di proiettili nei loro corpi e le altre sono state uccise ugualmente da colpi di arma da fuoco. Tutte le ferite possono essere fatte risalire ai fucili di assalto AKM in dotazione alla polizia (in sei casi), a proiettili e a pistole della polizia.

Il presidente illegittimo Boluarte ha anche dichiarato nuovamente lo stato di emergenza in numerose province e dipartimenti in tutto il paese e il coprifuoco a Puno. Questo significa che le garanzie minime costituzionali sono sospese. La dichiarazione dello stato di emergenza l’anno scorso, in vista dello sciopero generale del 15 dicembre, è stato il preludio a massacri nei quali la polizia e l’esercito hanno ucciso almeno 28 civili inermi, di cui 10 in un solo giorno a Ayacucho.

È dovere del movimento operaio internazionale quello di far sentire energicamente la propria voce contro la repressione brutale e rigettare l’illegittimo presidente golpista Boluarte.

Marcha de los 4 Suyos

La tattica della classe dominante e del governo non è un segno di forza, ma piuttosto un indice di panico, di fronte a un movimento crescente che la repressione non è stata in grado di fermare.

Migliaia di persone da tutto il paese, non solo dalle regioni povere delle Ande nel sud, ma anche dal nord, si stanno dirigendo alla capitale Lima con un obiettivo: far cadere la odiata e sanguinaria Dina Boluarte. Il movimento ha cominciato a essere definito come la “marcha de los 4 Suyos” (i quattro distretti che costituivano l’impero Inca, ndt), dal nome della marcia oceanica su Lima del 2000, che rovesciò definitivamente la dittatura di Fujimori.

Lavoratori, contadini, studenti nelle città grandi e piccole hanno organizzato raccolte di denaro e cibo in appoggio alle delegazioni che vanno nella capitale. Vengono dalle regioni di lingua aymara, dalle rondas campesinas (ronde contadine) a nord di Lima, da Ayacucho, dalle regioni della giungla nell’est, etc. I blocchi stradali della polizia stanno bloccando alcune delle carovane, ma la gente sta trovando il modo di aggirarli.

Il movimento ha un ampio sostegno popolare, dal quale deriva la sua forza. Secondo un recente sondaggio dell’IEP, il 60% della popolazione pensa che le proteste siano giustificate (72% tra i giovani) e il 58% pensa che la polizia e l’esercito abbiano commesso degli eccessi (70% tra i giovani). Dall’altra parte, il 71% è contrario alla presidenza di Dina Boluarte, con un misero 19% in suo favore. Il parlamento è ancora più screditato con un record dell’89% di disapprovazione. Un preponderante 69% della popolazione pensa adesso che si dovrebbe convocare una Assemblea Costituente, 22 punti in più rispetto a un anno fa, un sintomo del largo rifiuto di tutte le istituzioni borghesi esistenti.

Il governo della Boluarte è alle strette, addirittura alcune istituzioni si sono espresse contro di lei, numerosi governatori regionali che chiedono le sue dimissioni e persino alcuni dei suoi ministri che hanno presentato le dimissioni. La marcia su Lima e lo sciopero generale potrebbe essere il colpo finale, che porti alla caduta ignominiosa di questo illegittimo presidente.

“Mai più poveri in un paese ricco”

Il movimento di massa dei lavoratori e dei contadini ha accresciuto la sua forza e acquisito un certo livello di coordinazione nazionale. Il suo programma politico finora si è limitato alle rivendicazioni democratiche: libertà per Castillo, scioglimento del parlamento, nuove elezioni e un’assemblea costituente. Ma dietro queste rivendicazioni c’è un profondo desiderio di un cambiamento di fondo, che non si limiti solo alle questioni politiche, per quanto esse siano importanti, ma che si basa sul desiderio di un miglioramento generale delle condizioni di vita e di una redistribuzione sostanziale della ricchezza.

Lo slogan di Castillo, “mai più poveri in un paese ricco”, incarna cosa c’è dietro questo movimento. Il Perù è in realtà un paese ricco, ma nel quale il potere e le risorse sono nelle mani di una manciata di gruppi economici parassitari, sia nazionali che multinazionali, mentre la maggioranza della popolazione vive in condizioni di povertà.

È significativo che il movimento stia facendo riferimento alla marcia dei 4 Suyos del 2000 e stia anche innalzando lo slogan “todas las sangres” (che designa tutti i differenti gruppi etnici e nazionali che compongono il paese). L’idea è che i lavoratori e i contadini del Perù, uniti come un maglio, convergendo sulla capitale, possano portare alla caduta del governo. Questo è corretto.

Tuttavia, quello che è successo dopo il rovesciamento di Fujimori nel 2000 è stata l’ascesa al potere del sedicente socialdemocratico Alan Garcia, il quale si è dedicato alla prosecuzione delle politiche economiche ultra-liberali del suo predecessore. La vittoria dei popoli si è trasformata in disillusione, mentre le multinazionali minerarie continuavano a saccheggiare la ricchezza del paese, comprando nel frattempo presidenti e funzionari di stato.

Questa volta, la questione deve essere posta in modo netto. Perché vi sia un cambiamento realmente significativo, per il quale circa 50 persone hanno già perso la propria vita negli ultimi 40 giorni, le masse devono spazzare via non solo le istituzioni corrotte del potere borghese, ma devono anche espropriare l’oligarchia capitalista e le multinazionali, cosicché la ricchezza del paese possa essere amministrata in un piano democratico, sotto il controllo dei lavoratori, a vantaggio della maggioranza. Questa è l’unico tributo degno del sangue versato in questa lotta.

Vittoria ai lavoratori e ai contadini peruviani!

Abbasso Dina Boluarte! Sciogliamo il parlamento! Cacciamoli tutti!

Espropriamo l’oligarchia capitalista e le multinazionali del settore minerario!

Tutto il potere ai lavoratori!